Alberto burri spiegato ai bambini

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Nella rubrica "Overrated and Underrated" pubblicata dalla rivista d'arte americana ARTnews, il nome di Alberto Burri viene spesso citato. Carolyn-Christov-Bakargiev lo cita ad esempio nel numero di gennaio 2005.[2]

Impedito di esercitare la professione medica, Burri ebbe la possibilità di scegliere un'attività di svago grazie all'associazione YMCA. Utilizzando i pochi materiali a disposizione nel campo, intraprese l'attività pittorica, all'età di quasi 30 anni e senza alcun tipo di riferimento accademico.[12] Nel frattempo, la tragica morte del fratello minore Vittorio sul fronte russo nel 1943 ebbe un forte impatto su di lui.[13] Chiudendosi in se stesso e raffigurando soggetti figurativi su spessi segni cromatici, realizzò progressivamente il desiderio di abbandonare la professione medica, a favore della pittura.[14][a]

Una volta rientrato in Italia il 27 febbraio 1946, la sua decisione si scontra con la grave recessione del secondo dopoguerra e con l'insoddisfazione dei genitori. Si trasferisce a Roma ospite del violinista e compositore Annibale Bucchi, cugino della madre, che incoraggia la sua attività di pittore.[15]

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È stato Moschini - esperto di storia e critica dell'arte e dell'architettura, nonché professore con una grande esperienza nell'attività editoriale, espositiva e curatoriale - a convincere Burri, su incarico di Raul Gardini e in qualità di consulente artistico del Gruppo Ferruzzi, a realizzare la sua maestosa scultura.

Il tema principale è quello del teatro, che l'artista umbro aveva già indagato con un'altra opera, esposta nel 1984 ai Giardini della Biennale di Venezia, ripresa anche nel capolavoro pittorico Cellotex del 1994, esposto a Parigi.

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L'opera evoca anche lo scafo di una nave rovesciata e abbandonata, che richiama la vocazione marittima di Ravenna, luogo di approdo, accoglienza e confluenza di culture. Il risultato non è una superficie continua, ma una sorta di ponte spezzato.

La scultura site-specific di Alberto Burri non è l'unica opera d'arte che caratterizza il Pala Mauro De André, il grande complesso polifunzionale di Ravenna inaugurato nel 1990 su commissione di Raul Gardini.

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Nato nella città industriale di Torino nel 1940, Alighiero Boetti è salito alla ribalta come parte del movimento dell'Arte Povera alla fine degli anni Sessanta. I suoi artisti rifiutano le sculture in marmo e i dipinti a olio dei loro grandi antenati italiani per lavorare con materiali quotidiani o organici come l'ardesia, la cera, il legno e il feltro.

Le prime opere di Boetti, come Mazzo di tubi, Collina - una scultura che comprendeva una serie di tubi metallici impilati per assomigliare a colline ondulate - e Rotolo di cartone ondulato del 1966 - un rotolo di cartone spinto al centro per formare una torre simile a una ziggurat - ricordano i gesti curiosi e giocosamente inventivi e le interazioni con la materia che sono istintivi nei bambini e che Boetti stesso ricordava di aver fatto in gioventù.

Nel 2014, la scultura Colonna (qui sopra) di Boetti - creata nel 1968, all'apice dell'Arte Povera - è stata venduta da Christie's per 2.434.500 sterline, raggiungendo quello che all'epoca era il prezzo record mondiale per l'artista all'asta. A prima vista sembra una colonna classica scolpita nel marmo, ma in realtà è la quintessenza dell'Arte Povera, composta da una miriade di centrini di carta posati uno sull'altro su un'asta di ferro.

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